Se non si può misurare qualcosa, non si può migliorarla. (Lord W.T. Kelvin)
Premettendo che non voglio aprire il tradizionale dibattito sulla contrapposizione della cultura scientifica ed umanistica, l’attitudine quantitativa è fondamentale in ambito aziendale perché – per quanto la crescita e l’innovazione nascano dalla creatività, dal dialogo e dal confronto tra opinioni diverse – la “bottom-line” è il criterio finale della stragrande maggioranza delle decisioni di business. Quindi è la sensibilità al numero, alla misura di un fenomeno, alla precisa determinazione delle cifre in gioco che agevola le decisioni aziendali.
L’attitudine quantitativa include anche la propensione verso l’analisi e la schematicità: combinata con la capacità di astrazione, agevola l’identificazione di criteri di misura del raggiungimento di un obiettivo e, quindi, il riconoscimento delle differenze evolutive nei valori, ad esempio prima e dopo un’azione. Una persona con attitudine quantitativa tende anche ad esprimersi negli stessi termini, quindi sarà più chiara e precisa nel definire un compito o un obiettivo, evitando fraintendimenti.
Qualche consiglio
Misurare consente di controllare e di migliorare. Senza una misura non puoi avere idea della dimensione di un fenomeno. Se nella vita quotidiana non sempre ti è richiesto di fornire una risposta con un dettaglio numerico, nella vita professionale immagina che non esiste altra risposta che quella quantitativa. Una decisione non si prende perché “pare una buona idea” ma sulla base di una valutazione e, per fare una valutazione, si spera che semplicemente non ci si basi su opinioni e sensazioni.
La dimensione di un fenomeno può cambiare radicalmente la sua interpretazione: una previsione è errata se è sbagliata dell’uno per mille come se è sbagliata del trenta per cento, ma nel primo caso l’errore potrebbe essere trascurabile; però se si trattasse di stimare i decessi di una pandemia in rapporto alla popolazione di uno stato, l’uno per mille sarebbe un errore di stima gravissimo. Quindi, ogni volta che esprimi una opinione, assicurati di avere una idea delle dimensioni in gioco e dei valori delle variabili connesse; chiediti se, visti i valori, il fenomeno che stai analizzando ha senso o se è rilevante nell’economia della valutazione che ti è richiesta.
Non importa essere precisissimi ma non ti astenere mai dal verificare almeno l’ordine di grandezza di un fenomeno, perché è un dato che ragionevolmente dovresti conoscere e, in aggiunta, un errore di stima a quel livello non è mai ammissibile.
L’intervista doppia
In questa intervista doppia Stefano Uffreduzzi e Marco D’Avino ci parlano dell’importanza di essere quantitativi raccontandoci diverse loro esperienze in cui questa attitudine si è rivelata fondamentale.
Il parere dell’Accademia
“Galileo affermava: ‘misura ciò che è misurabile e rendi misurabile ciò che non lo è’. A pensarci, questa logica nel tempo ha avuto una strana evoluzione: oggi possiamo misurare in tempo reale moltissime grandezze; ma Galileo aveva forse previsto che la loro interpretazione sarebbe stata oggetto delle più svariate opinioni sui social? Credo proprio di no. Il dato quantitativo è oggettivo solo se si è in grado di capirne in pieno il significato. La campata di un ponte, il diametro di una condotta, il numero di contagi… in fondo sono solo cifre se non hai la competenza per comprenderle ed elaborarle.” – Prof.ssa Giada La Scalia, Università degli Studi di Palermo
Le Dimensioni della Professionalità: qui l’introduzione e qui l’elenco completo.