Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla. (Lao Tzu)
L’inerzia è spesso figlia della avversione che la maggior parte delle persone prova nei confronti della prospettiva di un cambiamento. Qualsiasi cambiamento, interpretato come la fine del vecchio e l’inizio del nuovo, è per definizione l’anticamera dell’incertezza e ciò è inquietante per molti.
C’è però chi accetta e gestisce con serenità il cambiamento, anche nel caso in cui questo sia subìto e non innescato. Mentre, infatti, l’attitudine alla proattività ci spinge ad avviare un processo di trasformazione – che non necessariamente sarà vissuto serenamente – è l’adattabilità che ci consente di gestirlo al meglio.
Persone attitudinalmente predisposte al cambiamento non soffrono la citata inerzia, sono maggiormente aperte alle proposte innovative e tendono ad avere anche un atteggiamento maggiormente ottimistico, ciò che in ambito lavorativo contribuisce al miglioramento del clima.
Qualche consiglio
Qua il discorso diventa molto complesso: il problema alla base di un processo di cambiamento è che questo implica la fine di qualcosa, quindi l’abbandono di una condizione nota che, in fondo, costituisce un elemento tranquillizzante. Le persone si abituano a qualsiasi contesto, è solo una questione di tempo e c’è qualcuno così avverso al cambiamento che non riesce ad auspicarlo anche se è ben conscio della negatività della sua situazione. Quindi l’attitudine al cambiamento è davvero profondamente radicata dentro noi stessi. Perciò, è davvero difficile dare consigli per spingere ad accettare il cambiamento con maggiore serenità, e dire che questo sarà necessariamente per il meglio sarebbe sbagliato oltre che scontato.
Nella nuova prospettiva, cerca di guardare quello che potrebbe essere e non quello che lasci; valuta la possibile negatività usando una scala assoluta e non relativa, ovvero considera una disgrazia solamente ciò che lo merita e non un semplice disagio; analizza la tua situazione attuale e focalizzati sugli aspetti che devono essere modificati perché non più tollerabili.
Se invece sarai tu a dover convincere altre persone a cambiare, per prima cosa condividi l’urgenza dell’evoluzione prima di presentare dei suggerimenti; interroga gli altri sulla necessità di abbandonare lo stato attuale e possibilmente cerca di far maieuticamente emergere da loro le proposte, che tu ti permetterai di raffinare; identifica ed isola gli elementi soggetti a cambiamento ed evidenzia quello che rimarrà immutato; descrivi l’auspicabilità dello stato futuro ed evidenza gli aspetti negativi che andranno a scomparire; inizia con poco ed incrementa progressivamente; metti ragionevolmente in conto la presenza di possibili eventi negativi, mai ostentando un atteggiamento incautamente fiducioso.
Soprattutto, comunica e condividi il programma di cambiamento, dimostrando che tutto quello che si poteva controllare è stato controllato e le persone chiave sono informate e concordi; per peggiorare la prospettiva di un futuro incerto basta convincersi che il percorso sarà ancora più incerto.
L’intervista doppia
In questa intervista doppia Alessandro Di Pietro e Pierluigi Turriziani ci dimostrano perché questa attitudine sia così imprescindibile nel moderno contesto lavorativo.
Il parere dell’Accademia
“A volte pretendiamo che le cose cambino, mentre continuiamo a mettere in atto ciclicamente gli stessi comportamenti. Manchiamo della flessibilità necessaria per interagire con l’ambiente esterno, per reagire agli stimoli che ci arrivano dagli altri, da noi stessi e dal mondo. Siamo come una bambola rotta che ha gli occhi rivolti all’interno. Come sosteneva Proust il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.” – Prof. Andrea Fronzetti Colladon, Università degli Studi di Perugia
Le Dimensioni della Professionalità: qui l’introduzione e qui l’elenco completo.